Impianto retinico e retina artificiale liquida

A cura di Vincenzo Petitti, Docente di UniCamillus

Si tratta di una vera e propria protesi impiantata sulla retina a livello maculare e che va a sostituire la funzione dei fotorecettori degenerati. Per il suo corretto funzionamento è chiaramente necessario che gli strati retinici interni e in particolar modo lo strato gangliare interno sia integro, è infatti il secondo neurone che raccoglierà le informazioni ottenute tramite la protesi e le trasmetterà al nervo ottico. L’impianto consente quindi una stimolazione elettrica della via ottica, grossolanamente simile a quella che si ottiene naturalmente. 

Attualmente l’unica protesi impiantabile autorizzata e presente sul mercato è la ARGUS II, di cui ne sono stati impiantati attualmente 300 in tutto il mondo di cui 55 in Italia. Le indicazioni per l’impianto della protesi ARGUS II sono rappresentate esclusivamente dalla retinite pigmentosa con acuità visiva ridotta alla percezione luce o inferiore. La sperimentazione sulla DMLE secca è purtroppo fallita. Sono esclusi dall’impianto tutti quei pazienti che abbiano una storia di otticopatie pregresse o traumi a carico del bulbo oculare che potrebbero ovviamente compromettere la trasmissione attraverso la via ottica.

Il sistema è formato da due parti: la protesi vera e propria costituita dalla porzione epiretinica costituita da una impalcatura elettronica fissata sulla retina con dei piccoli chiodi collegata a una porzione episclerale che ha la funzione di antenna permettendo di ricevere le informazioni derivanti dalla seconda parte della protesi costituita, a sua volta, da una telecamera fissata ad un paio di occhiali dotati di una piccola antenna wi-fi e una batteria esterna fissata a uno speciale elaboratore video. Il segnale luminoso è raccolto dalla telecamera e inviato al processore il quale converte l’immagine in un segnale elettrico appropriato e lo rimanda all’antenna fissata agli occhiali. Quest’ultima invierà il segnale all’antenna fissata a livello episclerale la quale la trasmetterà alla protesi epiretinica che infine trasmetterà il segnale al secondo neurone sensitivo. Gli occhiali sono dotati di filtri permettendo al paziente di scegliere il chiarore delle immagini, lo zoom e il contrasto. 

L’intervento seppur estremamente complesso e lungo, tale da richiedere normalmente l’esecuzione di una anestesia generale, presenta comunque delle caratteristiche simili all’impianto di una valvola di Ahmed (fissazione del corpo protesico a livello sclerale generalmente tra i muscoli retto superiore e laterale ricoperto spesso da patch di vario tipo e l’impianto intrabulbare di parte della protesi), rispetto al quale si differenzia sia per la necessità di effettuare una vitrectomia via pars plana sia per la localizzazione della porzione intrabulbare che è, come abbiamo già detto, epiretinico.  

Dopo l’impianto è necessaria una lunga e faticosa riabilitazione visiva finalizzata all’interpretazione dei nuovi pattern visivi.

Concluso il periodo riabilitativo la protesi consente una visione in scala di grigi con un campo visivo relativamente buono (circa 12-20 gradi). Il paziente potrà quindi essere in grado di localizzare porte e finestre, riconoscere in alcuni casi i volti di persone care.

Le complicanze note in letteratura sono la fibrosi epiretinica, la tisi bulbare (rara), l’erosione congiuntivale (frequente) e il distacco di retina.

RETINA ARTIFICIALE LIQUIDA

È un nuovo approccio sperimentale che sfrutta una sospensione liquida di nanoparticelle polimeriche fotosensibili impiantate in sede sottoretinica con un ago cannula inserito via pars plana che vanno a sostituire i fotorecettori degenerati. Sono presenti circa 2500 per ogni millimetro cubo.

Attualmente è in fase di studio e non ci sono ancora pazienti trattati con questa tecnica.

TRAPIANTO DI RETINA

Altra tecnica promettente impiegata nelle forme terminali di AMD essudativa. Consiste nel prelievo di tessuto retinico autologo prelevato dalla periferia retinica e trasposto in regione maculare. Per ora sono 9 gli occhi trattati con questo approccio, tutti con acuità visiva ridotta a conta dita o inferiore. I risultati sono stati promettenti con aumento dell’acuità visiva in circa il 50% dei casi dopo trattamento, ma necessitano comunque di maggior approfondimenti su un numero maggiore di soggetti.

Vincenzo Petitti è Docente di Malattie dell’Apparato Visivo nel Corso di Laurea in Fisioterapia di UniCamillus. Insegna anche Trattamento dei disturbi dell’oculomotricità nello squilibrio posturale per il Master On-line di I livello in Posturologia Clinica.

In particolare, il Master mira a formare personale altamente qualificato nella prevenzione, diagnosi, valutazione e terapia delle disfunzioni posturali. Si tratta di un’innovativa offerta formativa dell’Ateneo che, attraverso una piattaforma disponibile 24 ore su 24, consente di conciliare il lavoro, lo studio e la vita personale dei discenti.