Cura sperimentale per l’AIDS con un mix di farmaci: delucidazioni di Daniele Armenia, Docente di Virologia, Microbiologia e Microbiologia Clinica presso UniCamillus

L’estenuante sforzo della comunità scientifica nel cercare di contrastare HIV ha permesso grandi miglioramenti in termini di salute e aspettative di vite nelle persone infette da tale virus.

Oggi abbiamo a disposizione farmaci antiretrovirali potenti, efficaci e ben tollerati; le persone che vivono con HIV in trattamento antiretrovirale oggi possono avere un buon stato di salute, avere dei figli, avere una vita assolutamente sovrapponibile a quella di un individuo non infetto e soprattutto non trasmettere più l’infezione.

Tuttavia, l’eradicazione dell’infezione da HIV è uno dei più importanti obiettivi a cui ancora mira tutta la comunità medico-scientifica. La sospensione del trattamento antiretrovirale è associata, infatti, a una ripresa certa della replicazione del virus. Pertanto, le persone colpite da HIV, devono prendere i farmaci a vita.
L’alta variabilità genetica e la capacità di questo virus di integrarsi nel genoma delle cellule dell’ospite rendono l’eradicazione di HIV impossibile. Il virus infatti è capace di nascondersi all’interno del genoma di cellule quiescenti del sistema immunitario, assicurandosi una pronta riserva di nuove particelle virali se il trattamento antiretrovirale viene sospeso.

L’eradicazione di HIV a oggi è avvenuta solo in 2 casi eccezionali: il paziente di Berlino “Timoty Brown” nel 2008 e il paziente di Londra nel 2019. Questi individui avevano entrambi ricevuto un trapianto di midollo osseo per il trattamento di neoplasie ematologiche. Il midollo era stato donato a entrambi da individui con una rara mutazione genetica chiamata CCR5-delta-32. Tale mutazione è in grado di “chiudere una porta di ingresso” a HIV, poiché impedisce l’espressione di uno dei co-recettori fondamentali per l’entrata del virus nelle cellule dell’organismo ospite. Dopo l’attecchimento del trapianto, entrambi i pazienti hanno subito una remissione dell’infezione, in assenza di trattamento la presenza del virus a oggi non è mai più stata rivelata.
Purtroppo si è trattato di due casi fortunati, infatti, nonostante siano state fatti numerosi tentativi di riprodurre tale remissione in altri pazienti, la tecnica oltre che rischiosa, a oggi non è mai più risultata efficace.

La notizia del paziente brasiliano per cui è stata indicata una remissione senza trapianto di midollo è sicuramente incoraggiante, ma necessita di ulteriori conferme. In questo caso, il degente è stato trattato con un complesso cocktail di antiretrovirali comprendente farmaci molto potenti, combinato all’uso di una molecola già nota in campo oncologico in grado di attivare le cellule immunitarie quiescenti dove si nasconde HIV. Se le cellule quiescenti si “svegliano” cominciano a produrre virus; questo fenomeno ha due fondamentali conseguenze: da un lato il virus viene immediatamente bloccato e eliminato dagli antiretrovirali e dall’altro le stesse cellule che producono il virus muoiono. In tal modo, in teoria, il reservoir virale viene eliminato, e il virus completamente eliminato dall’organismo.

Anche se tale processo sembra sia avvenuto in questo fortunato paziente, la riproducibilità della strategia è ancora tutta da provare. Esistono difatti dei rarissimi casi in cui HIV viene tenuto sotto controllo spontaneamente in alcuni pazienti e altri casi di remissione come il caso “Mississippi Baby”, una bambina trattata con i farmaci anti-HIV dopo poche ore dalla nascita e rimasta senza virus per oltre 2 anni, non sono stati confermati.
Come necessario per qualsiasi scoperta scientifica, attendiamo la riproducibilità e soprattutto la pubblicazione in una rivista peer-reviewed di questa osservazione, sicuramente interessante ma di certo da prendere con estrema cautela.