Cosa significa realmente fare cooperazione

A cura di Laura Elena Pacifici Noja e Ugo Giorgio Pacifici Noja, Docenti di UniCamillus

Innanzitutto, conviene fare un minimo di chiarezza su una parola dal sapore antico, ma molto spesso, purtroppo, mal interpretata e travisata.

Cooperazione significa, letteralmente, operare insieme per il raggiungimento di un fine comune.

Per una sorta di strano “slittamento semantico“ questo sintagma ha cominciato a significare genericamente l’attività con cui si provvede a dei generici “aiuti“.

Sembra intuitivo che non è evidentemente questo lo scopo della cooperazione. O, meglio, con la cooperazione ci si propone di trasmettere non solo mezzi, ma anche competenze per realizzare con i paesi partner il raggiungimento di obiettivi di fondamentale importanza. Quegli obiettivi che, come la eliminazione della povertà e la realizzazione dello sviluppo sostenibile, rappresenta il punto di arrivo di ogni attività di cooperazione.

Le istituzioni e i paesi della UE, aspirano tutti a vedere sempre più ridotta la “forbice” di separazione tra paesi “ricchi” e paesi “poveri”. Si tratta, insomma, di diminuire in maniera costante quella divaricazione ancora oggi presente tra il “Nord“ e il “Sud“ del mondo.

Gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, come tutti ricordano, riguardano le persone, il pianeta, la vita, la pace e ultimo ma non per questo meno importante, proprio la cooperazione.

In sostanza gli ambiziosi obiettivi sopra espressi interessano uno specchio di interessi molto vasto che va dal cambiamento climatico, all’agricoltura, all’emigrazione. Quali siano i paesi, definiti con una formula certamente oggi superata, eppure ancora molto incisiva (“Paesi in Via di sviluppo”) è la stessa OCSE (l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) ad indicarlo: “si tratta di tutti quei paesi con livelli di sviluppo molto bassi, suddivisi in cinque categorie in base al livello medio di reddito pro capite”.

Gli obiettivi di sviluppo sostenibile riguardano inoltre e di certo in misura non poco rilevante la salute.

Anzi, proprio la salute sembra occupare un ruolo di primo piano negli obiettivi di sviluppo sostenibile. Estensione della copertura vaccinale ad almeno il 90% della popolazione mondiale e accelerazione nella introduzione di nuovi vaccini sono solo due tra i tanti elementi che vengono indicati come fondamentali nella azione per la attività di cooperazione. Che la salute svolga, giustamente, un ruolo di primo piano non è un fatto sorprendente soprattutto in un’epoca come quella presente.

I problemi da risolvere sono tanti: l’appianamento delle diseguaglianze interne insieme con la decisione dell’approccio in cui intraprendere il processo di risoluzione. Soprattutto al fine di determinare se questa iniziativa debba conoscere una impostazione di tipo settoriale, o, piuttosto, di tipo “olistico“. Ma attivarsi in ambito cooperativo significa stabilire quella che tecnicamente si chiama “mediazione“. E la mediazione tra i sistemi sanitari presenti nei paesi dove accordi di tipo cooperativo sono in essere e i bisogni locali, diventa di importanza fondamentale.

Parlare poi di cooperazione senza far riferimento all’importanza della attività accademica e alla possibilità di “esportare”, se il termine può essere accettato, cultura, non è ai giorni nostri più possibile.

Le attività di Atenei come UniCamillus che hanno come vocazione naturale la missione di trasferire cultura e non di tesaurizzarla, diventa di fondamentale importanza.
L’Università, infatti, non è soltanto un luogo di preparazione alla futura vita professionale di ciascuno degli allievi. Essa è anche, e soprattutto, il modo in cui si provvede alla formazione intellettuale dei futuri dirigenti.

Una dirigenza preparata, ma anche una dirigenza formata a risolvere i problemi concreti e a pensarsi come parte integrante della società e non come ad un elemento superiore e lontano da essa.

Non ci sono, questo appare evidente, magiche ricette. Eppure, economia solidale e applicazione di un “idem sentire” attraverso la forma associativa diventano sempre di più parole di uso comune. Non si tratta di forzature linguistiche e neppure di applicazioni lessicali di tipo casuale. Come è stato infatti spiegato l’associazionismo rappresenta una tra le più importanti rappresentazioni sociali. È ad uno storico del calibro di Fernand Braudel che si deve l’adozione del termine “passerelle” per indicare con una metafora neppure troppo ardita il percorso con cui sono collegati in maniera (in)evitabile due elementi apparentemente distinti tra loro eppure tra loro connessi.

Il collegamento cui prima si è fatto riferimento è un dato di fatto. Si tratta quindi di investire su un percorso che già esiste per renderlo sempre più definito. Non sono evidentemente solo investimenti di tipo economico quelli a cui si vuole alludere. Piuttosto al raggiungimento di una politica comune di tutti i paesi e non solo quelli appartenenti alla UE.

Laura Elena Pacifici Noja e Ugo Giorgio Pacifici Noja sono Docenti di UniCamillus e insegnano, rispettivamente, Filosofia Morale per il Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia e Sociologia Generale per i Corsi di Laurea Triennale in Infermieristica e Ostetricia.

Entrambi fanno parte anche del corpo docente dei Master On-line, un’innovativa offerta formativa dell’Ateneo che, attraverso una piattaforma on-line disponibile 24 ore su 24, riesce a conciliare il lavoro, lo studio e la vita personale dei discenti.

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