10 Ottobre: Giornata Mondiale della salute mentale

Intervista Prof. Piccinni, Docente di UniCamillus

Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel mondo quasi un miliardo di persone convive con un disturbo mentale.
L’obiettivo dell’evento di quest’anno consiste nel sensibilizzare le istituzioni e la popolazione di tutto il mondo sull’importanza di investire in questo importante settore della sanità.

Il tema infatti è “Salute mentale per Tutti, maggiori investimenti – migliore accesso. Per Tutti, ovunque” per sottolineare, pertanto, l’efficacia di politiche sanitarie e attività finalizzate a promuovere una migliore salute mentale a livello globale.

Armando Piccinni, Docente di Psicologia Clinica per il Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria e Psicologia Generale per il Corso di Laurea in Infermieristica di UniCamillus. Insegna anche Psicologia clinica: relazione terapeutica e posturologia nel Master On line in Posturologia Clinica dell’Ateneo. In questa intervista ci spiega che le condizioni di vita delle persone con disagio mentale non dipendono solo dalla gravità della malattia, ma anche dal grado di accettazione generale proveniente dal mondo circostante e che, purtroppo, i numeri attuali riguardanti i pazienti che presentano determinate patologie, sono destinati a mutare radicalmente a causa del Coronavirus.

Perché è importante la Giornata Mondiale della salute mentale?
Il trattamento del disturbo mentale è stata la cenerentola della medicina fino a pochi decenni or sono. Lo sviluppo della psicofarmacologia e degli strumenti di indagine sul sistema nervoso e, ancora, la messa a punto di nuove metodiche di trattamento hanno determinato un enorme sviluppo della conoscenza e della cura dei disturbi mentali. Nonostante questo e nonostante la riconosciuta importanza del ruolo che il cervello con le sue funzioni compie attraverso il comportamento, l’attenzione sui disturbi psichiatrici resta sempre bassa. Celebrare una Giornata mondiale della salute mentale è importante perché deve richiamare l’attenzione su malattie che condizionano costantemente la società, il mondo del lavoro, la vita familiare, la convivenza civile. Sono sicuramente necessari più strumenti sia finanziari che legislativi per incrementare l’utilizzo di fondi a vantaggio di questi disturbi.

Ritiene che ci sia una maggiore accettazione e consapevolezza, rispetto al passato, della malattia mentale?
Una maggiore conoscenza ed una migliore capacità di trattamento ha avvicinato molto nel corso degli anni i disturbi psichiatrici a tutte le malattie mediche ordinariamente diagnosticate e trattate. La cura efficace di disturbi estremamente diffusi come la depressione e l’ansia ha fatto perdere loro l’alone di mistero che gli aleggiava intorno. L’attuale riduzione dello stigma è legato proprio a questo e così nel mondo occidentale la frequentazione dello psicologo o la visita dallo psichiatra non equivale più all’etichetta di folle. Bisogna continuare su questa strada: una sempre maggiore conoscenza ed il perfezionamento dei trattamenti potranno in un prossimo futuro sdoganare come disturbi pari agli altri le malattie della mente.

Quanto e come il Coronavirus ha influito sulla salute mentale?
La pandemia ha determinato uno stato di allarme che ha portato soggetti già vulnerabili all’insorgenza di disturbi d’ansia, come il disturbo di panico e il disturbo post-traumatico da stress, o dell’umore, in particolare la depressione o la riaccensione di ciclicità nei disturbi bipolari. Molti pazienti con disturbi ossessivo-compulsivi in fase di compenso hanno ripreso ad essere terrorizzati dal contagio ed hanno ricominciato con i loro rituali di pulizia/lavaggio/disinfezione. Una ripresa dei sintomi, ancora, si è vista anche nei pazienti ipocondriaci. Infine, un importante incremento delle ricadute è in corso di osservazione nelle dipendenze da sostanze d’abuso o nelle dipendenze comportamentali. Non si può tralasciare un ultimo aspetto: sebbene al momento non siano disponibili studi su popolazioni numericamente importanti di soggetti che hanno riportato infezioni da Covid-19, alcune autorevoli ricerche hanno focalizzato la loro attenzione sul cervello rivelando un coinvolgimento a volte profondo, con conseguenze sugli organi di senso. I possibili esiti di tipo permanente sui sistemi cognitivi non sono ancora quantificabili, ma certamente è un fronte di ricerca che merita ulteriori approfondimenti.